L’autunno nella costa est degli Stati Uniti è un trionfo di colori, sapori e tradizioni, l’avvicinamento alla festa di Halloween è visibile già dai primi giorni di ottobre e così il “foliage”: il cambio di colori delle foglie, verde, giallo e rosso, e tante ricette e bevande speziate con la zucca, la regina di questo periodo.
Il tour parte da New York dove, per entrare nel mood più intimista dell’autunno, soggiorniamo nel Village così diverso da mid-town, rilassato, silenzioso e libero dagli shoppers compulsivi: pare di essere in un’altra città, solamente lo svettare dei grattacieli del centro e del rinnovato World Trade center sopra i tetti dei palazzi più bassi del Village, tradisce l’appartenenza alla grande mela. L’atmosfera è così intima che di primo mattino, vagando per le vie ancora tranquille, incontriamo sul marciapiede deserto un connazionale decisamente più famoso di noi, Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, che in quei giorni registrava il suo nuovo album proprio nella grande mela: “Lorenzo! Ciao!” “buongiorno, ragazzi” e via ognuno per la sua strada.
È un ottobre insolitamente caldo, almeno nelle ore centrali della giornata, e dell’autunno ci sono ancora pochissime tracce, anzi, è tutto un passeggiare con sandali e maniche corte e, in alcuni casi, ancora in flip-flop e allora, è proprio il caso di rimanere all’aperto il più possibile: prima tappa il Flat Iron district dove si trova l’omonimo palazzo gioiello d’architettura dal profilo inconfondibile e unico.
Tornando verso sud, dal flat iron district, s’incontra il mercato di Union square, dove fanno la loro bella mostra i prodotti delle fattorie dello stato di New York, in particolare di quelle della valle dell’Hudson, anticipo dei nostri prossimi giorni.
Non è stato facile decidere di andare a vedere da vicino il “Ground Zero Memorial”, uno dei luoghi a maggior impatto emotivo del terzo millennio che, con la tragedia delle torri gemelle, ha fatto il suo triste esordio: un po’ per il timore di trovare un’atmosfera lugubre che non volevamo soffrire e un po’ perché eravamo stati lì due anni prima del crollo e, pur essendo tornati altre volte, non avevamo voluto intaccare quell’immagine delle torri e noi ai loro piedi.
Ci siamo ricreduti: il Ground Zero Memorial è un luogo sobrio e lo scrosciare sommesso dell’acqua nelle due enormi vasche fontane, ricavate dal quadrato delle fondamenta delle torri, dona al monumento un’atmosfera serena e composta dove, magicamente, i pur numerosi visitatori sono uniti da un rispettoso silenzio. Su questa sorta di tempio a cielo aperto svetta la nuova “One World Tower” o “Freedom Tower” che riafferma elegantemente la prospettiva verticale dell’isola di Manhattan.
Un parco laddove sorgeva una ferrovia sopraelevata che serviva il meatpacking district: è lo High Line Park, uno spazio fortissimamente voluto dai residenti e dai residenti ottenuto e poi gestito tramite una fondazione. La sopraelevata, sopravvissuta al disuso e al tentativo di rimozione, va da Gansevoort st. tra la 9th e la 10th av. (sì quella del disco Born to run di Springsteen, quella “freeze-out”) alla 34a West, ha una magnifica vista sul fiume Hudson ed è un giardino da attraversare con passo lento e curioso; ha le sue belle panchine e gradoni dove fermarsi a riflettere e godersi il sole, quando c’è, o la quiete rispetto alle strade sottostanti; spazi dove poter mangiare o bere non mancano, insomma un parco a tutti gli effetti con una prospettiva inconsueta e uno sviluppo innovativo.
A poco più di mezz’ora di guida da New York City, direzione nord lungo il fiume Hudson, il paesaggio cambia totalmente: dalla grande e verticale urbanizzazione della grande mela si passa alla campagna ondulata ricca di colori autunnali e costellata di piccoli villaggi di case di mattoni rossi e tetti bianchi; tra questi la nostra meta: Sleepy Hollow, luogo per eccellenza della festa di Halloween, la cui leggenda del cavaliere senza testa (The Headless Horseman) e di Ichabod Crane ha ispirato prima il libro di Washington Irving, poi il film di Tim Burton e, recentemente, la serie tv omonima (anche se, ho scoperto con grande delusione, è girata in North Carolina…). Una delle attività di maggior successo a Sleepy Hollow è il tour notturno del cimitero (…) sintesi perfetta della festa di Halloween e del contributo dell’area dell’Hudson alla storia dell’indipendenza americana che qui ha visto risiedere alcune delle figure chiave di quei giorni fatidici: in realtà Sleepy Hollow, nella descrizione di Irving, è la sintesi di quelle storie, leggende e caratteristiche di tutta la parte sud della valle dell’Hudson e la cittadina (che era fino a pochi anni fa nient’altro che un quartiere periferico di Tarrytown) ha riscritto la sua storia adeguandosi a quella del libro più che il contrario.
Poco più a nord si trova Hyde Park dove è nato Franklin Delano Roosevelt il Presidente che ha tirato fuori gli Usa dalla grande depressione, che ha vinto, anche se non ne ha visto la fine, la seconda guerra mondiale, che è considerato dagli storici uno dei tre grandi presidenti della storia statunitense; a Hyde Park si trova la casa di FDR, convertita a museo, quella di sua moglie Eleonor Roosevelt, donna di grandi capacità politiche, fortemente impegnata per la promozione dei diritti civili, femminista, sostenitrice del New Deal proposto e introdotto dal marito e una delle First Lady politicamente più attive della storia americana. Hyde Park è tutta dedicata alla memoria e alla celebrazione di questa coppia così importante per gli Usa, quasi un parco a tema, pulito, ordinato, con le strade illuminate a festa tutto l’anno, il diner anni ’50 e, subito fuori città, la Vanderbilt Mansion: residenza (una delle tante) della famiglia Vanderbilt, una delle famiglie più ricche della storia, che ha costruito grattacieli a New York, ville in tutta la costa est degli Usa e accumulato ricchezza in un’infinità di imprese sin dall’arrivo nel nuovo mondo dalla natia Olanda; la residenza è circondata da un grande parco che affaccia su di un’ansa dell’Hudson da stupore e meraviglia.
Risalendo ancora la riva sinistra dell’Hudson si incontrano piccole perle nascoste, come la residenza del pittore e scultore Frederic Church, Olana, anch’essa in una posizione invidiabile in cima ad una collina con vista sul fiume.
Lasciata la valle dell’Hudson ci avviciniamo al confine con il Vermont (nord est) dove l’autunno è precoce e i colori sono (quasi) al picco e s’incontrano dei covered bridges in ottime condizioni di conservazione.
Come un pallone calciato alto nel cielo anche il nostro itinerario, raggiunto l’apice nel Vermont, inizia la discesa verso sud ovest lungo la riva destra dell’Hudson dove, prima che il maltempo ci perseguiti per quasi due giorni riusciamo a goderci un angolo del fiume decisamente attraente, dove si trova un faro con un piccolissimo B&B all’interno: se mai voleste dormirci, ricordatevi di prenotare con larghissimo anticipo.
Il maltempo ci spinge ad abbandonare la valle dell’Hudson con un po’ di anticipo e allora, per arrivare a Philadelphia, facciamo una piccola deviazione verso sud, per rendere omaggio a un grande che qui ha iniziato i suoi primi passi verso un successo planetario, utilizzando proprio una cartolina da questo luogo come copertina del suo primo album: “Greetings from Asbury Park, NJ”, Bruce Springsteen. Il boardwalk lungo la spiaggia, il mall e, soprattutto, lo Stone Pony, mitica sala dove la formazione originaria della E-street band ha dato supporto alle prime performance live del rocker americano.
Philadelphia ci riserva la sorpresa di un cielo blu, sgombro di nuvole e una temperatura gradevole. Qui si è scritta una parte importantissima della storia americana: Philadelphia fu il cuore pulsante della guerra d’indipendenza che si concluse con la redazione, proprio qui, della dichiarazione che rendeva le originarie tredici colonie finalmente sovrane e indipendenti dalla Gran Bretagna, fu quindi la prima capitale dei nuovi Stati Uniti e qui fu scritta la Costituzione che inizia con il famoso motto: “We the people”. Philadelphia ha attraversato un lungo periodo di declino dalla fine degli anni ’70 fino all’inizio del nuovo millennio, oggi è una città restituita alla dignità del suo ruolo storico con la “Old City”, a ridosso del fiume Delaware, centro dell’attività culturale e della vita notturna e il quadrilatero tra la City Hall, il museo della Costituzione, l’Indipendence Hall e Old City appunto a ricoprire il ruolo di testimone della lunga e importante storia della città.
Non poteva mancare, nel lasciare Philadelphia, uno stop nel luogo dove la cultura pop si è sovrapposta al monumento preesistente modificandone per sempre la notorietà agli occhi dei visitatori: le “Rocky steps” dal film omonimo, culto dagli ’80 in poi, vale a dire la scalinata d’accesso al Museo d’Arte lungo la quale, nel film, Rocky conclude la sua corsa attraverso la città seguito dai suoi sostenitori.
Il rito dei turisti è quello di replicare la scena: ho visto un gruppo di 5/6 ragazzi che, cellulare in mano che spara la colonna sonora omonima a palla, replicano la scena sulla scalinata riprendendosi con la GoPro; il potere evocativo della pellicola è incredibile.
Ultima tappa del giro è Washington D.C. della quale ho già scritto qui; questa volta soffermiamo l’attenzione meno sul centro andando a scoprire l’università di Georgetown e il quartiere, ricco per i super ricchi, che la ospita: università che ha avuto tra i suoi studenti più famosi il 42° Presidente degli Usa, Bill Clinton, e che da lungo tempo forma la classe dirigente del Paese; Georgetown che lasciamo non prima di aver pranzato alla Martin’s Tavern dove, si narra che JFK abbia fatto la sua proposta di matrimonio a Jaqueline Bouvier, Jakie, e altri presidenti abbiano pranzato spesso: Truman, Johnson etc.
Un salto al Museo di Storia Americana allo Smithsonian Institute, istituzione d’eccellenza che gestisce i più importanti musei della capitale, tutti gratuiti; a seguire scopriamo una chicca come l’ Hillwood Estate, nascosta fra le colline che orlano il centro, a lungo residenza di una delle famiglie più ricche degli Usa, i proprietari della General Foods, una mega multinazionale dell’alimentare e non solo, divenuta museo per volere di Marjorie Merriweather Post: una donna dalla storia incredibile e interessantissima.
Per chiudere, proprio poche ore prima di decollare alla volta dell’Europa, ci perdiamo in una specie di paradiso per chi è appassionato di aviazione e di astronautica, subito fuori la città, in Virginia direzione aeroporto Dulles Int., si trova lo “UDVAR-HAZY CENTER” una specie di antro delle meraviglie tra le quali anche lo Shuttle Discovery.
Consigli:
- A NY dormite al Washington square hotel, proprio davanti alla piazza omonima, lontano dal caos di mid town ma con metro comoda e nel Village, l’albergo è bello di dimensioni contenute e il personale è gentile e “friendly” non formalmente cortese e offre la colazione a differenza di molti alberghi niuiorchesi (si dice?).
- A NY per una cena un po’ diversa andate da Fedora, nel village, mooolto cool.
- A Philly il Club Quarters hotel è in ottima posizione e buon rapporto qualità/prezzo.
- A Philly non fate la fila per entrare a vedere la Liberty Bell anche se l’ingresso è gratuito, si vede da fuori attraverso un vetro e non ci sono mai più di 4/5 persone.
- A Philly fate la visita della Constitution Hall che vale veramente la pena.
- A Hyde Park, NY State, andate a mangiare al Diner subito fuori il centro, atmosfera “Happy Days” inclusa nel prezzo.
- A Washington DC, dedicate un giorno intero alla visita dei Musei Smithsonian, lungo il Mall: sono gratuiti e ricchissimi, se proprio dovete sceglierne un paio, quello di storia naturale sopra tutti e quello dei nativi americani.
Circa 1100 Km totali.