Napoli dai mille colori

Ventiquattr’ore a Napoli sono pochissime o tante se si è in giro per 18 ore del totale.
Se si seleziona cosa vedere in un percorso pedonale sufficientemente logico si riesce ad avere un’idea del centro della città abbastanza chiara da volerci tornare e spendere più tempo.

Così dalla stazione centrale a piedi lungo corso Umberto, al Maschio Angioino e il teatro San Carlo, piazza Plebiscito fino a un remoto (apparentemente) B&B arroccato ‘ngopp’ (sopra) a Monte Echia con vista su Posillipo e Mergellina, quasi un’ora “lento pede” per guardare in alto, in basso, nei vicoli e sui tetti, affacciarsi sul mare e scorgere o’ Vesuvio là in fondo, apparentemente calmo e sonnacchioso, la sommità coperta, il venerdì, da nuvole basse e cariche di umido. Scoprire poi che dal B&B la discesa verso il mare e Castel dell’Ovo è lungo una via di quelle praticamente sconosciute ai più e che svela, in un susseguirsi di curve a gomito, una perla che meriterebbe un destino e una cura migliore dell’attuale: Villa Aselmeyer la cui vicenda, triste, trovate qui.
La discesa, rampa Pizzofalcone, fra case ricavate da spazi che forse erano magazzini di servizio alla villa o stalle, in cinque minuti porta alle spalle di via Partenope, il lungomare su cui s’erge Castel dell’Ovo piacevolmente aperto al pubblico gratuitamente.

Splendida sorpresa è che Via Partenope, dove insistono alcuni tra gli hotel più belli della città e l’Università Orientale, è chiusa al traffico / a traffico ridotto ed è solo il chiacchiericcio delle persone che camminano, l’acqua che sciaborda sui bastioni del castello e i gabbiani alla costante ricerca di cibo a fare da sottofondo musicale a una passeggiata di gran lusso.
Alla sinistra del castello s’incastona il “borgo marinari”, il porticciolo sede del “Reale Yacht Club Canottieri Savoia” e di innumerevoli ristoranti dove torneremo alla sera, per una romantica cena al chiaro di una luna piena, liberata dalle nuvole e scintillante nel cielo terso e fresco di questo inizio ottobre.

Il sabato, il cielo è un trionfo di blu elettrico e la città splende di colori brillanti: meta il Monastero di Santa Chiara (sì quello della canzone famosa) e anche, grazie anche al suggerimento di un gentile signore che ci ha visti perplessi sulla direzione da prendere a un bivio, il Cristo Velato che è una specie di miracolo della scultura mondiale che si trova presso il Museo Cappella di Sansevero, la cui storia è già intrigante di per sé. Lungo la strada che porta al Monastero la piazza del Gesù Nuovo, la relativa chiesa e l’obelisco dell’Immacolata, e poi il trionfo della meraviglia del Chiostro del Monastero dove le maioliche artistiche della scuola ceramista napoletana restituiscono uno spettacolo da brividi.
La passeggiata prosegue in direzione Duomo, attraversiamo via dei Tribunali incontrando la Basilica di S. Paolo Maggiore e la Chiesa dei Girolamini.
Al Duomo incrociamo un matrimonio in grande stile con sposi bambini, o quasi, e famiglie al seguito in grandissimo sfoggio.
Si avvicina l’ora del pranzo, la città è piena di gente, locali e turisti che sciamano in tutte le direzioni, e allora è venuto il momento della classica: via San Gregorio Armeno a vedere i banchetti e le botteghe dei produttori di presepi più famosi al mondo.

Napoli, il centro, è una città bellissima, caotica, colorata, chiassosa ma che si coglie sta compiendo uno sforzo collettivo per scrollarsi di dosso cliché che a lungo l’hanno penalizzata: è ricca, ricchissima di arte, architettura, cultura e storia da far girare la testa e, cosa non secondaria, si percepisce un senso generale di sicurezza che non guasta.

Merita certamente di ritornare e dedicare più tempo a tutto quello che in 24 ore non è possibile vedere.

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