Lanzarote: l’isola del Vulcano

Nera come la lava accumulatasi nelle ultime eruzioni, rossa come i minerali di ferro che emergono dalle stratificazioni delle attività sismiche e vulcaniche nei millenni, verde come i ciuffi di piante grasse che riescono a crescere sulle pendici dei vari crateri apertisi a più riprese, blu come l’oceano che la bagna, frangendo le scogliere con bianchissime spume di onda sostenute dal vento teso del nordovest: Lanzarote l’isola spettacolare più a nord dell’arcipelago delle Canarie.

Nel pieno dell’inverno freddo e nevoso di un’Italia scossa a più riprese non solo dal terremoto, trascorrere dei giorni nella luce piena e intensa del 29° parallelo infonde un’energia e una piacevole sensazione di benessere e serenità.
Lanzarote è selvaggia, quasi deserta, caratterizzata da picchi collinari nei quali si nascondono crateri di vulcani che, nel tempo, hanno sconvolto, modificato e segnato la vita dell’isola e dei suoi abitanti. L’area a ridosso del parco di Timanfaya, quello del vulcano della più recente eruzione, 1830, protrattasi per quasi dieci anni, ha le sembianze di un enorme campo arato da giganti mitologici, tanto la terra si presenta in forma di “apparenti” zolle di dimensioni fuori dall’ordinario: si tratta in realtà della lava espulsa e rotolata a valle poi raffreddatasi e solidificatasi a formare questo miraggio di immenso campo arato; ai margini dell’espansione della colata lavica la città di Yaiza, più volte abbandonata e ripopolata nella decade dell’eruzione del XIX° secolo, è una macchia di bianco illuminata dal sole, prova della determinazione e cocciutaggine dell’uomo deciso a vivere e convivere con forze più grandi e minacciose. La prova di questa cocciutaggine determinata sono i particolarissimi vitigni che vengono coltivati in questa zona: in un’area di terra nerissima, nella parte più “sabbiosa” che sia a ridosso delle pareti dei crateri o più a valle, si notano dei muretti a secco semi circolari eretti a proteggere delle viti che crescono in orizzontale per ripararsi dal vento che batte incessantemente la costa ovest, ingegno dell’uomo sommato a capacità di adattamento di queste viti speciali e il gioco è fatto, produzione vinicola di alta qualità in un territorio apparentemente ostile a qualunque coltivazione.

Lanzarote: viti
Lanzarote: viti

Il Parco di Timanfaya dunque, e tutta l’area circostante, merita una visita approfondita, iniziando dalla costa e “los Hervideros” un tratto di scogliera dove le bocche sotterranee dell’eruzione, sfociando in mare, hanno lasciato grotte e insenature sulle quali l’oceano s’infrange creando suoni e giochi d’acqua spettacolari e… gratis! Da los Hervideros si ammira anche un tramonto incredibile, valutate quindi se sia il caso di andare verso il tardo pomeriggio per unire le due emozioni.

Proseguendo verso nord, seguendo le indicazioni per il parco si arriva al vero e proprio ingresso: consiglio di andare la mattina prima delle 10, poi le file per accedere diventano lunghe e si perde un po’ la magia. Il giro dentro il parco è consentito soltanto a bordo di pullman che si inerpicano per strade tortuose e a ridosso dei crateri, le auto private si lasciano al parcheggio e nell’area di fronte ai pullman viene mostrata la “vita” del vulcano: il magma è a dieci/quindici metri sotto il livello del terreno e in 2 secondi trasforma in “geyser” il secchio di acqua gettato nell’apposito condotto da uno dei guardiani del parco; con il calore del magma viene alimentato anche il ristorante che si trova in cima al parcheggio e propone grigliate più che naturali…
Il tour dei crateri in pullman dura circa quindici minuti, non si può scendere per la pericolosità dell’area, e offre degli scorci sull’isola e sull’area interessata dall’eruzione unici. È possibile fare un biglietto unico a prezzo ridotto per l’ingresso a due attrazioni oltre il Parco.

Tornando verso sud, lungo la costa ovest dopo los hervideros, una sosta d’obbligo è al piccolo villaggio di pescatori di “el Golfo“, un pugno di case qualche ristorante e un picco dal quale ammirare il tramonto e l’oceano che gioca con la scogliera.

Il Jameo del Agua è un’attrazione di quelle cumulabili nel biglietto di cui sopra: un tunnel scavato dal magma che sfocia nel mare, lungo 7km, di cui è possibile percorrere solamente un tratto che è stato oggetto di un sapiente intervento dell’architetto Cesar Manrique che ne ha ricavato un Auditorium di 600 posti dall’acustica unica, e un’area ristorante affacciata su uno specchio d’acqua sotterraneo che ospita una specie rara di granchio albino; nell’area sovrastante è stato realizzato un museo di vulcanologia che illustra le dinamiche dei vulcani, come venga monitorata tutta l’area delle isole Canarie e tante altre informazioni interessanti sulla materia viva dell’isola. È un’esperienza unica, l’atmosfera rarefatta della grotta, il silenzio e la limpidezza dell’acqua, la straordinaria intuizione della realizzazione dell’auditorium rende questa una delle visite più interessanti dell’isola.

Il Jardin de Cactus, altra realizzazione geniale di Manrique, è una chicca che contiene le specie più diverse di piante grasse provenienti da tutto il mondo: dalle più microscopiche ai giganti cactus che sembrano alberi. Una passeggiata su più livelli concentrici con il tocco sapiente dell’architetto più innovativo dell’arcipelago canario; anche questo ingresso può essere cumulato nel biglietto di cui sopra.

Il Mirador del Rio, all’estremo nord dell’isola sul punto più alto di una collina che erge a nord ovest, regala uno sguardo sull’isola intera e la vicina “la Graziosa”, nei giorni limpidi si intravede chiaramente Fuerteventura a sud e il picco del Teide di Tenerife.

Lanzarote è un’isola particolarmente ventosa, insieme a Fuerteventura rappresenta una delle mete preferite dai windsurfers e kiters di tutta Europa, chi non appartiene a queste due categorie, se vuole godere delle spiagge, deve certamente evitare il nordest e il nordovest dell’isola dove i venti battono con particolare intensità quasi tutti i giorni.
Noi abbiamo scelto la parte più a sud, Playa Blanca, per soggiornare, quella maggiormente protetta che, insieme a Puerto del Carmen, propone le spiagge più frequentabili nei mesi invernali. La costa compresa tra il Faro di Pechiguera e la punta del Papagayo è quella che guarda verso Fuerteventura e di più recente urbanizzazione, con ampi tratti ancora totalmente deserti e l’area della riserva naturale di Papagayo a delimitare l’espansione delle strutture turistiche.
L’impatto ambientale e visivo è ancora abbastanza discreto, la maggior parte delle costruzioni sono ville e appartamenti a due piani con eccezione di quattro o cinque alberghi i cui corpi centrali raggiungono i quattro piani di altezza: considerato che buona parte dell’area costiera è appoggiata alla collina della Montagna Roja, le altezze degli edifici sono attutite dalla prospettiva a scendere verso il mare.
Le spiagge disponibili qui sono cinque: tre all’interno della riserva del Papagayo, e due nell’area urbanizzata. Quelle nella riserva non sono servite, sono abbastanza ampie e si raggiungono con una discesa di cinque minuti a piedi dal parcheggio o con una passeggiata di un’ora abbondante dall’ultima fermata di autobus, alla sommità delle due più a sud sorge un fantastico “chiringuito” dove mangiare e bere con una vista mare mozzafiato su tutta la baia e l’isola di Fuerte. Le due nell’area urbanizzata: Playa Dorada, più grande e Playa Flamingo decisamente più piccola, sono servite per metà e per metà libere (ah, la civiltà!) e sono raggiungibili in autobus e discesa a mare di sette / otto minuti o in auto con, in inverno, ampia disponibilità di parcheggio gratuito. Tutta l’area urbanizzata compresa tra il Faro di Pechiguera e la Marina Rubicòn è orlata da uno splendido e panoramicissimo “pasèo maritimo”: un ampio marciapiede fronte mare lungo circa sette km, ottimo per passeggiare, correre, godersi in serenità scorci di oceano e onde che si frangono sulle scogliere.

 

Lanzarote è un luogo dove potersi isolare nel vero senso della parola: se si è camminatori o, come nel mio caso, runner è possibile intraprendere percorsi che in poco tempo allontanano dalle urbanizzazioni e immergono nel silenzio di paesaggi spaziali che paiono usciti da fumetti di Moebius, solamente il vento a fare da leggero sottofondo allo scricchiolare dei propri passi sulla ghiaia lavica presente un po’ ovunque. Se siete in fuga dal caotico quotidiano delle nostre ipertrofiche città, questo è il posto giusto, soprattutto in questo periodo dell’anno. A me ha impressionato proprio questa sensazione di pacifico isolamento: enormi spazi vuoti, distese di terreno libero da edificazioni e una vegetazione con scarsissima presenza di alberi, eccezion fatta per le palme in alcune aree, più un pianeta disabitato che un’isola al largo delle coste africane, una location da film ambientato su Marte o Tatooine dove ti aspetti di incontrare i Jawa che ti vendono R2-D2…

Nelle aree dei resort c’è occasione anche di passare piacevoli serate ad ascoltare musica dal vivo, godere di aperitivi al tramonto e cenare mangiando dell’ottimo pesce innaffiato dal vino locale, ce n’è per tutti i gusti e le tasche.

Lanzarote la consiglio a chi, in inverno, ha bisogno di trascorrere dei giorni lontano dal caos, godendo di una luce da primavera inoltrata e temperature diurne da poter prendere il sole e fare attività di spiaggia e voglia immergersi in un’atmosfera che sia quasi mistica per la presenza scura del vulcano, della pietra nera su cui si frangono le onde dell’oceano, per il sibilo del vento unico compagno di lunghe passeggiate per queste lande (apparentemente) desolate che, al contrario, ospitano migliaia di specie animali e vegetali uniche e, lasciatemelo dire ancora una volta, per la inarrivabile piacevolissima cultura dell’ospitalità e dell’accoglienza che gli spagnoli hanno sapientemente costruito nel tempo, rendendo qualsiasi esperienza di viaggio nelle loro terre un’occasione unica di piacere e soddisfazione. Gli sportivi, in particolare, trovano qui il paradiso per il kite e il windsurf, ma chi corre, pedala e cammina ha infinite possibilità di esercizio.
Lanzarote “dedicato a tutti quelli che stanno scappando” (cit.).

Addendum 2018.

Sì, siamo tornati, in aprile questa volta e le impressioni sono le stesse anche se con un tot di turisti in più, sempre sotto il livello critico di sopportazione. Aggiungiamo alla lista delle visite preziose: la Casa di Cesàr Manrique e la Fondazione, due splendidi esempi di architettura creativa perfettamente inseriti, nel vero senso della parola, nell’ambiente circostante, il mercatino di Teguise la domenica mattina e la Cueva de los Verdes una grotta scavata dal magma sotterraneo che lascia senza fiato.

 

Highlights

Ristorante Casa Roja: a Marina Rubicòn (perché sì, fidatevi, quasi perfetto).

Ristorante EL Mirador a Marina Rubicòn, ottima seconda scelta.

Blue Note live jazz: aperitivi, dopo cena con musica dal vivo dalle 21:30 (quasi) tutti i giorni.

El Chiringuito: playa de Papagayo.

Chiringuito Bar Tropical: sul Paseo Maritimo a Playa Blanca.

 

Playlist

 

Fotogallery 2018

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