California del sud: viaggio tra deserto e oceano.

La California, io, l’ho assorbita, indirettamente, da ragazzetto di spiaggia con gli amici windsurfisti nei primi anni ’80 (…) quando quel (allora) nuovissimo sport arrivava corredato di immagini e articoli che raccontavano bianche spiagge infinite, pontili alti e profondi battuti da onde mitiche, ragazze in bikini in forma perfetta dai capelli iper cotonati.

Church Beach, San Clemente, California, 1984.
Church Beach, San Clemente, California, 1984.
California 80s
California 80s

Quel profluvio di suggestioni mi si è appiccicato addosso, infiltrato nel profondo e riemerso anche dopo anni in cui nella vita ho fatto e considerato e apprezzato altro. Quindi sono di parte, sappiatelo.

“Hanno trovato un deserto e lo hanno trasformato in un giardino”, più o meno.
Ora hanno qualche problema di approvvigionamento idrico, del resto la natura non si fa piegare così facilmente, ma di fatto questo è: un deserto che si affaccia sulle sponde del Pacifico e che è stato trasformato in un posto dove, grazie ai 300/320 giorni di sole l’anno, pare di essere in un resort al mare di gran lusso senza la rottura dell’animazione, con le palme altissime a orlare il lungomare e i villini in legno e vetro a guardare il il sole tramontare ai margini della civiltà occidentale. Un pezzetto di paradiso dove a Natale si va a comprare l’albero in pantaloncini e flip-flop e l’armadio ha una stagione e mezza: quella estiva calda e quella estiva fresca. La sera, una felpa e quando proprio il tempo non è dalla tua, pure un giacca antivento.

SoCal: ormai abbiamo chiaro che in Usa si abbrevia la qualunque, un po’ come a Roma con i nomi propri di persona: “Simò”, Francé”, “Maurì” etc. etc. Così da Los Angeles a San Diego e dal Pacifico ai confini con l’Arizona, Southern California diventa “SoCal” e via così: SaMo (Santa Monica)…

L’Europa dista mediamente 12/13 ore di volo da Los Angeles, LAX: che non è un aeroporto ma una città nella città, grande come un Comune medio dello stivale.
Si arriva sfiniti ad un ora che per te è quasi l’alba, mentre per il caldo sole di SoCal è il pomeriggio del giorno prima (chi dice che non esiste il viaggio nel tempo? A est siamo nel futuro rispetto all’ovest…). La grandezza dell’aeroporto fa sì che i noleggi di automobili siano tutti fuori dal perimetro ad una media di dieci/quindici minuti di “free transfer” dall’uscita dei voli internazionali, così dopo le ore di volo, l’ora per il passaggio del “border”: la fila e il ritiro dell’auto aggiungono altro tempo all’ulteriore trasferimento verso la meta finale della prima parte della vacanza californiana.

US border, LAX
US border, LAX

Huntington beach, conosciuta e “venduta” come “Surf City” è esattamente quello che il nick propone: un posto dove il surf è ovunque, non solamente sotto lo stilosissimo pier e alla sua destra e sinistra a seconda delle skills dei surfers, anche lungo “main street” dove all’angolo destro, all’incrocio con la Pacific Coast Highway (PCH, per i local) c’è Hurley surf shop e a quello sinistro Jack’s surf shop, il primo in assoluto a HB (sì l’ennesima abbreviazione) e camminando verso l’interno HSS e Billabong e Roxy e Quiksilver (marchi leader del settore) e tanti altri che sembrano tutti uguali ma no, ognuno ha il suo pubblico e la sua specializzazione e le / i suoi testimonial eccellenti.
HB è “IL” surf in SoCal: qui fa tappa il campionato del mondo con tutto il suo circo di ragazzi e ragazze e spettatori e campioni in sedicesimi e cose che neanche immaginate si possano fare con una tavola lunga poco più di un metro e mezzo. Le onde sono quasi sempre perfette e la spiaggia è HUGE, enorme, così da poter ospitare il villaggio con le tribune che viene montato per lo spettacolo che, tavola ai piedi, si rinnova onda dopo onda, marea dopo marea, anno dopo anno.


HB: City south access on PCH
HB: City south access on PCH

La spiaggia è il playground per eccellenza in California e HB non fa differenza, anzi: non solo surf, e sue varianti bodysurf, boogieboard e sup, ma un’infinità di campi da beach volley, in ordine con le reti sempre tirate e le strisce bordo campo in perfetto stato; la pista ciclabile che da Newport beach arriva a Seal beach passando per HB, di circa 20 chilometri a ridosso della spiaggia, larga a sufficienza per permettere la concomitanza di runners, skaters, bikers e footers e tutte le declinazioni possibili; gli spot dove poter accendere il fuoco per i barbecue o per un semplice falò sulla spiaggia (bonfire) con tanto di “cassonetti” dove gettare le ceneri.
Insomma qui, come e più che in altri angoli di SoCal la spiaggia è IL parco divertimenti di chi ha la fortuna di vivere qui o di passarci del tempo per diletto: “Life’s a beach“.

Huntington beach: Main street
Huntington beach: Main street
Huntington beach: Pacific coast highway
Huntington beach: Pacific coast highway
Huntington beach: the beach from the Pier
Huntington beach: the beach from the Pier
HB: Surfers on the north side of the Pier
HB: Surfers on the north side of the Pier
HB: rush hour north side of the Pier
HB: rush hour north side of the Pier
HB: the Pier entrance
HB: the Pier entrance
HB: running, biking, skating and whatever path
HB: running, biking, skating and… whatever path
HB: beach volley, anyone?
HB: beach volley, anyone?
HB: City south access on PCH
HB: City south access on PCH

HB vive proiettata sulla spiaggia sulla quale, separate soltanto dalla PCH (vedi sopra), si affacciano villini a due piani con il terrazzo in dirittura del tramonto più occidentale della nostra civiltà (?) e alle loro spalle, nascosti dietro muri di cinta, si sviluppano aree residenziali sul modello di “Wisteria lane” con i cancelli elettrici per accedere, i canali tipo Venice a distanziare le diverse zone interne, i dossi sulle vie interne a rallentare gli enormi suv che ormai hanno anche le messicane che puliscono le case dei benestanti bianchi della west coast. Risalendo verso la I-405, lo stradone a otto corsie che unisce SanDiego a Los Angeles, lungo Beach boulevard (che fantastico nome per una via larga quattro corsie per lato di marcia che finisce quasi dentro la spiaggia, nel parcheggio antistante uno dei tanti accessi per l’oceano) si alternano mini mall e Starbucks e centri medici che sembrano la Nasa, concessionari di automobili grandi come la piazza principale di una nostra grande città, e palestre 24/h, e aree residenziali sempre meno glamour. Il prezzo delle case è, ovviamente, inversamente proporzionale alla distanza dalla spiaggia, al di là della 405 ci sono i trailer park, vale a dire quegli agglomerati di roulotte e camper e casette prefabbricate dove vive chi una casa non l’ha mai avuta, chi l’ha persa per avverse vicissitudini e tutti gli altri che sono fuori dal sogno americano, segnatamente neri, ispanici di fresco arrivo o di lunga sfiga, veterani e simili.

Scendendo verso sud, direzione San Diego, si incontrano altre piccole perle lungo la costa, tra di loro differenti per il prezzo delle case al metro quadro: Newport beach, Laguna beach, Balboa island, Oceanside via così, in un susseguirsi di immancabili Pier, marine dalle barche smisurate e surfers in muta fradicia all’angolo della strada.

Laguna beach, California
Laguna beach, California
Laguna beach, California
Laguna beach, California
Balboa Island, California
Balboa Island, California
Balboa Island, California
Balboa Island, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Newport beach, California
Oceanside, California
Oceanside, California
Oceanside, California
Oceanside, California

Poi è sufficiente, una mattina, dare le spalle al pier di HB, infilarsi in auto, seguire le indicazioni per la 55 east, e la 91east e la 10 south e in meno di due ore si è in pieno deserto, direzione Palm Springs tappa per la destinazione finale: il Joshua Tree National park, quel Joshua Tree, quello che ha lasciato un segno indelebile nell’anima dei ragazzi degli anni ’80, fatto di giri di basso, chitarre acustiche elettrificate e cori allo stadio per star dietro agli acuti, allora inarrivabili, di Bono Vox.

The Joshua Tree - U2 - 1987
The Joshua Tree – U2 – 1987

Palm Springs: è fondamentalmente una strip piena di locali di tutti i tipi dove, dalle 6 del pomeriggio si fa lo struscio con la piacevole temperatura di 94° F (34° C) e un’umidità molto vicina allo zero, in attesa che il buio e l’alcool facciano il loro dovere nel facilitare la vita di relazione. Famosa per gli Hotel & SpA di lusso già dai tempi di Frank Sinatra e delle cronache nero-horror di James Ellroy, Palm Springs è una specie di Cortina d’Ampezzo del deserto in leggera decadenza ma con tutte le sue cosine a posto: il guacamole, lo strawberry daiquiri e le sweet potatoes con la panna acida, le mercedes rosa e le boutique vintage e/o flower power. Non c’è bisogno, ovviamente, di spendere un patrimonio al prestigioso Colony Palms hotel per godersi un weekend in quest’angolo di deserto super attrezzato: un economico e super dignitoso Comfort Inn, alla fine della suddetta strip, fa il suo dovere a tre minuti a piedi dalla movida.

Palm Springs, California
Palm Springs, California
Palm Springs, California
Palm Springs, California
Palm Springs, California
Palm Springs, California

Appena prima di entrare a Palm Springs dalla I-10, c’è un’uscita sulla destra direzione la “Aerial Tramway”, la funivia, che in sette minuti di ascesa ti porta da 35°C a 15°C sulla sommità del “Mount San Jacinto State Park“: da dove è possibile fare un piacevole trail al fresco della brezza che spira dal mare verso il deserto e ammirare la valle che ospita Palm Springs, Palm Desert e Coachella (quella del festival, sì) avvolte da una impalpabile foschia: il deserto che continua a evaporare.

Palm Springs, Aerial tramway
Palm Springs, Aerial tramway
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California
Mount S. Jacinto State park, California

Il Joshua Tree NP è un “trip lisergico”, anche senza la musica degli U2 o le losanghe di quella roba lì che danno le discoteche sfigate della provincia di Jovanotti.
È un deserto (parte del più grande Mojave desert) vivo di una vita minimale e bellissima, silenziosa e estrema, dove i pochi suoni che si percepiscono hanno il fascino di una melodia wagneriana: epica, oscura e nello stesso tempo travolgente e calda (assai calda, media 98°F). Conviene quindi entrare la mattina il più presto possibile, quando ancora il freddo notturno (sì di notte si secca di freddo, come in tutti i deserti…) mitiga per qualche ora il veloce alzarsi della temperatura, nel parco si può campeggiare ma bisogna venire attrezzati con tutte le scorte di cibo e acqua possibile ché, una volta superato il gate non c’è alcun ristoro o shop dove rifornirsi: come nei migliori film western, la sopravvivenza è parte integrante della sceneggiatura.

Il parco è di fatto diviso in due parti: quella dove crescono i veri e propri “joshua tree” e quella dove il massimo di vegetazione rintracciabile sono dei bush alti 30/40 cm. e le formazioni rocciose creano degli effetti tipo “marooned on Mars”.

Ecco avete presente la foto degli U2 di cui sopra? Dove pare che nel totale del deserto cresca e si incontri un solo e unico Joshua Tree?
Con quella convinzione lì, mi sono rivolto al simpatico tizio dell’ “information centre” di Palm Springs per approfondire info sugli orari del parco et similia e quando gli ho comunicato una cosa tipo: “sa’, io vorrei proprio vedere un joshua tree nel parco”, mi ha guardato come noi romani guardiamo i giapponesi che a quell’uscita della metro B ti chiedono dov’è il Colosseo e tu, con sguardo compassionevole, alzi un dito e glielo indichi, lì, sovrastante tutti noi…

I Joshua tree(s) iniziano a fare la loro comparsa già buoni venti minuti prima di arrivare al parco vero e proprio e una volta superato il cancello d’ingresso ti si parano davanti a centinaia come i bersaglieri il due di giugno ai fori imperiali.
Quasi una delusione, ma è colpa di quella maledetta iconografia che ci ha trasmesso quell’album lì e quel bastardo di Corbijn (il fotografo), perché in realtà la distesa di alberi di josuè è una vista magnifica senza eguali.

The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California
The Joshua Tree NP, California

“Desert heals” dicono da queste parti. Ora, considerate le straordinarie doti commerciali degli yankees, non mi meraviglierebbe se fosse l’ennesimo incipit di uno “storytelling” per il marketing della destinazione, è certo però che l’insieme dell’atmosfera, del caldo, dell’aria secca e del cielo bluissimo e quegli straordinari alberi a metà tra cactus e ulivi, lasciano una sensazione benefica innegabile.(o forse è soltanto che si è in vacanza).

San Diego si affaccia sull’omonima baia con una leggiadria e bellezza che capisco i messicani che dall’altra parte del confine, a soli 25 km di distanza, s’ingegnano in mille mila modi per attraversare il loro mar rosso e andare in cerca della terra promessa.

Nonostante la forte presenza ai margini e dentro la città di strutture militari e basi navali, San Diego ha una sua personalità e fascino grazie anche all’ampia baia semi chiusa dalla penisola di Coronado che ne fa un porto naturale nelle cui acque i sandiegani (?) vanno a vela a tutte le ore del giorno (quando lavorano?).

Aiuta a godersi la città risiedere a “gaslamp“, il quartiere dei locali, dei teatri e più vicino alla marina e al Convention Centre su questa meravigliosamente affacciato: tutto è raggiungibile a piedi, anche l’imbarcadero per il giro in barca della baia o per raggiungere in 10 minuti di navigazione Coronado che è la spiaggia di San Diego e il loro parco divertimenti, dove la cosa migliore è portarsi il costume, affittare una bici e cercarsi un angoletto dove fare il bagno in santa pace.

Un’altra tappa consigliabile è “Oldtown“, un assaggio della città ai tempi del “grande Messico”, una specie di parco della memoria (leggermente finto per i nostri gusti di Europei dalla storia millenaria), dove rileggere in chiave ispanica la storia della città e perdersi nelle mille e più versioni di guacamole disponibili nei vari ristoranti messicani dal chilli piccantissimo e margarita spacca budella; ci si arriva, da Gaslamp, comodamente con una specie di metropolitana che ferma proprio davanti al Convention Center e in dieci minuti arriva alla fermata utile e che propone l’ultima corsa per tornare indietro intorno alla mezzanotte (1,5$ per tratta).

San Diego harbour, California
San Diego harbour, California
Coronado, San Diego, California
Coronado, San Diego, California
Coronado, San Diego, California
Coronado, San Diego, California
San Diego harbour, California
San Diego harbour, California
San Diego downtown, California
San Diego downtown, California
San Diego marina, California
San Diego marina, California

Mi sono cimentato coi miei trascorsi da surfista nostrano in quel di Ventura che si trova a nord di L.A., a venti minuti da Santa Barbara che è la Portofino della California di mezzo, mentre a Ventura è come se il tempo si fosse fermato agli anni ’60, unico segno di contemporaneità i soliti SUV fuori misura. Grazie ai nostri amici californiani, ovviamente impiegati dell’industria per eccellenza della Repubblica di California: il cinema, siamo andati a cercare la spiaggia più comoda e dalle onde più facili per un pensionato del surf come me e, giunti a Mondo’s cove, ci siamo buttati nelle acque gelide del Pacifico a far finta di saper surfare. Qui, in mezzo a qualche decina di “locals” con le tavole più diverse (tutte longboard o quasi, vista l’esiguità dell’altezza delle onde), hanno fatto “bella” mostra di sé quelle che sono destinate a diventare le nuove “testimonial” per la qualunque dei prossimi anni: le surfiste. Compresa la nostra amica. Le surfers dilettanti o professioniste sono tutte bellissime o quasi, merito certamente dello sport in sé e dell’esposizione all’aria aperta, al mix si sole e sale che dona loro quell’aspetto di salute semidivino: biondine o chiare, abbronzate, gamba tornita e leggiadria ed eleganza. Insomma. Le professioniste sono ormai, almeno qui in California e negli States in genere, famose quanto le attrici e le modelle blasonate dei red carpet e hanno seguiti di fan da far impallidire (quasi) le Beyoncé e le Kardashian più note. Segnatevi questi nomi (…): Alana Blanchard, Sage Erickson, Sally Fitzgibbons, Malia Manuel, Tia Bianco, etc. etc. Qualcuna di queste guadagna delle cifre da capogiro e non solamente con le vittorie di coppa del mondo di surf.
Quindi, donneh!! È arrivato… no, non l’arrotino, ma lo sport che vi rende più belle e più ricche, fate un po’ voi.

Old bear and the young gal, Mondo's cove, California
Old bear and the young gal, Mondo’s cove, California
Surfer girl, Mondo's cove, California.
Surfer girl, Mondo’s cove, California.
Surfer girl, Mondo's cove, California.
Surfer girl, Mondo’s cove, California.
Surfer girl, Mondo's cove, California.
Surfer girl, Mondo’s cove, California.
Surfer girl, Mondo's cove, California.
Surfer girl, Mondo’s cove, California.
Surfer girls, Mondo's cove, California.
Surfer girls, Mondo’s cove, California.
Surfer girl, Mondo's cove, California.
Surfer girl, Mondo’s cove, California.

Ventura ha una posizione strategica per visitare la costa immediatamente a nord di L.A. e decisamente economica rispetto alle più blasonate località vicine.
Ripartiti direzione sud gli stop d’obbligo a Malibu, Santa Monica e Venice beach: le cittadine costiere a più alta densità di attrici, attori, gente di spettacolo in genere e vips, se si esclude la notte degli oscar e due o tre red carpet di super festival, comic con e serate di beneficenza hollywoodiane.
Come già raccontato ho un debole per la ruota panoramica del pier di Santa Monica: vederla mi fa uno strano effetto di familiarità, sarà che è un’icona proposta e riproposta in tanti film e serie ambientate da questa parte degli USA, ma tant’è e fermarsi e fare due passi è un piacere sottile.

Venice beach, la passeggiata.
Venice beach, la passeggiata.
Malibu: panchina.
Malibu: panchina.
SaMo: il pier e la ruota panoramica.
SaMo: il pier e la ruota panoramica.

“California dreaming”, la canzone non ha torto: c’è quest’aria di estate e quindi di spensieratezza perenne, unita a una discreta esibizione di agiatezza e a una età media (apparente) intorno ai 30 anni (a differenza di quell’altra terra di estate perenne che si trova a est: la Florida) che rende questo pezzo di mondo una cosa molto simile all’idea biblica dell’eden o alla terra promessa. Un mix fantastico per una vacanza.
Certamente basta grattare un po’ la superficie dell’apparenza che non può non notarsi come, perché esista un paradiso, c’è necessariamente bisogno di un inferno che è rappresentato da tutta quella massa semi invisibile di immigrati più o meno clandestini e di espulsi dalla società (qui esiste l’istituto della bancarotta familiare: come fosse un’azienda) sui quali si appoggia senza tanti retro pensieri la società benestante che vive alla luce del sole.

Le contraddizioni della nostra società, di cui quella americana rappresenta la punta più avanzata, ognuno le risolve con la propria coscienza, per correttezza va anche detto che la California è anche il luogo dove si sperimentano e si sono sperimentate forme associative e di convivenza collettiva e mutalistica innovative, la marijuana per uso terapeutico è legale da tempo immemore, i diritti civili e il rispetto delle minoranze (legali) sono diventati patrimonio della società dalla metà degli anni ’80, insomma ci sono tante contraddizioni che, unite a una bellezza innegabile, meritano un po’ del nostro tempo a disposizione.
Sognare (la California) fa bene, dicono.

Tips:

Dormire.

A Palm Spring, il Comfort Inn, costa poco ed è dignitosissimo, parcheggio gratuito e tre (3) minuti a piedi dal centro, un po’ rumorosa l’aria condizionata, ma insomma…

A San Diego ci sono ottimi “deal” occasioni di risparmio all’hotel Solemar della catena Kimpton una di quelle più innovative dal punto di vista dello stile, atmosfera e design: ogni giorno dalle 5 alle 6 c’è l’happy hour con vino e birra locale.

A Ventura il “Bella Maggiore Inn“, nome vagamente italiano che richiama lo stile un po’ palladiano della struttura che offre una fantastica corte interna nella quale si gode una ricchissima colazione: B&B in pieno centro.

Mangiare.

A Huntington Beach: Dos Toros Mexican grill, come dice il nome stesso, cucina tex-mex di qualità a prezzi accessibili, un gradino inferiore ma con scelta anche non mexican, il BJ’s brewhouse, entrambe, ovviamente, su main street.

A San Diego: andate a Oldtown (vedi sopra) e uno qualunque dei ristoranti messicani va bene, c’è quello con lo spettacolo in costume incluso che è un po’ caciarone, ma anche quelli senza rumori fuori scena.

A Newport: al Seafood market restaurant, pesce a gò-gò.

Playlist:

Ventura highway, America.

Running to stand still, U2.

Californication, RHCP.

Girls in their summer clothes, Bruce Springsteen.

Call me, Blondie.

California girls, The Beach boys.

Tequila sunrise, The Eagles.

CaliforniPassion:

Alcune riflessioni su "California del sud: viaggio tra deserto e oceano."

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