Siamo volati via verso il Marocco, paese dalle tante meraviglie: colori, suoni e profumi intensi.
Il poco tempo a disposizione lo abbiamo dedicato alle “Città imperiali”: Marrakech, Casablanca, Meknes, Fes e Rabat, e ad un rapido blitz sulle montagne dell’Atlante.
Tempo appena sufficiente per assaggiare piccole porzioni di un paese dai mille contrasti: a partire da quello della povertà, ancora molto visibile, contornata da Suv iper accessoriati guidati da ragazzotti vestiti con firme italiane di gran prestigio.
Il Marocco è un paese che prova ad uscire da un medioevo ancora evidente in alcune zone e cerca di farlo tenendo insieme tradizione e innovazione non sempre riuscendoci fino in fondo, stretto com’è tra le influenze dell’occidente, mai così vicino e l’islamismo più ortodosso e intransigente altrettanto vicino, quando non interno.
Marrakech è una città dal fascino unico, vibrante, odorosa di gelsomino, dalla medina ricca e colorata e traboccante di spezie che vengono da tutto il nord Africa.
La magia della piazza Djemaa el fna, quando la sera si porta via gli ultimi raggi di sole intenso e la folla si raduna intorno le luci delle bancarelle che offrono cibo speziato a prezzi accessibili è uno di quei momenti che, da soli, meritano il viaggio sin qui: il caos e i profumi, i suoni degli incantatori di serpenti e dei ragazzi che danzano al ritmo dei tamburelli riempiono il cuore di leggerezza. La piazza è anche stata set di film importanti come L’uomo che sapeva troppo di Hitchcock.
Marrakech è anche la città dei Giardini Majorelle uno splendido “orto botanico”, con piante provenienti da tutto il mondo, racchiuso tra le mura di una villa liberty dipinte di un blu intenso che da qui prende il nome: blu majorelle.
O dei Jardins Menara, oggi parco cittadino che nei giorni di festa diventa il luogo d’incontro e di “scampagnata” di tanti abitanti di Marrakech.
Marrakech, che nei giorni torridi d’estate può raggiungere temperature superiori ai 45° C, a primavera inoltrata offre alla vista lo spettacolo maestoso delle montagne dell’Atlante innevate che sembrano sovrastare la città.
Fès e la sua medina stretta e tortuosa con i venditori di qualunque cianfrusaglia che da noi popola le discariche tracimanti percolato e che lì invece diventa merce per pochi, pochissimi spiccioli di dirham; solamente qualche curva più in là si offrono vestiti da sposa di magnifica fattura e taglio originale locale con tessuti dai colori intensi e al tatto morbidi e leggeri; la conceria di pelle dove uomini di tutte le età lavorano immersi nelle vasche di ammoniaca fino alla coscia con metodi da far arricciare il naso in un puzzo intenso tale da richiedere la foglia di menta alle narici per poterlo sopportare; l’antica scuola coranica (la madrassa) dove si formano i teologi del futuro che tutti speriamo tolleranti e pacifici come il vero “Corano” insegna e presto anche più aperti verso l’universo femminile di quanto già oggi, in questo Marocco, siano rispetto ad altri paesi islamici integralisti e intolleranti.
Rabat e le sue magnifiche mura a circondare, anche qui, una medina intensa e vibrante dove si incrociano ragazze velate mescolate ad altre in jeans e grandi occhiali da sole all’occidentale, le cui mura, dipinte di bianco e blu, ricordano la forte presenza del mare e le porte finemente ornate, una diversa dall’altra, sono il vezzo di un popolo forte e un po’ civettuolo.
Meknes la cui medina è partimonio dell’Unesco, è la più antica delle capitali e, in qualche modo, tradisce la sua età emanando un fascino decadente e un po’ ozioso che la rende ancora più attraente.
Meknes che vanta un mercato ricco di cibi esotici dai profumi forti da far girare la testa al primo ingresso.
Casablanca infine, che nell’immaginario di noi occidentali è ancora la città di Rick e Ilsa (Humphrey Bogart e la bellissima Ingrid Bergman), del Rick’s café e “suonala ancora Sam”, è una metropoli moderna con quartieri nuovissimi lungo la costa che somigliano molto all’ art decò district di Miami, appena fuori dal centro che è, al contrario, la somma di vecchio e nuovo, senza soluzione di continuità e, per la verità, in più di un caso il risultato è decisamente più vicino all’idea di abbandonato che di puramente sovrapposto. La città che ospita la terza più grande moschea del mondo, quella di Hassan II, il cui minareto, questo sì il più alto del mondo, punta il fascio di luce del suo faro (al laser) dritto verso la Mecca: al tramonto, poco prima del richiamo del Muezzin, la spianata che circonda la moschea si riempie di giovani uomini e donne che, concluso il quinto rito del giorno, lì restano in una sorta di “struscio” locale simile a quelli delle nostre vie del centro, solamente più discreto.
Il Marocco è un Paese pieno di contrasti: la catena dell’Atlante, dove si scia da dicembre ad aprile, innevata ancora a maggio inoltrato fa da cornice alle magnifiche città imperiali, le capitali del regno del Marocco succedutesi attraverso i secoli; il deserto dei nomadi Touareg solamente un centinaio di chilometri più a sud delle montagne con il suo carico di fascino e di mistero; un Paese dove le capre si arrampicano sugli alberi, le cicogne sono, insieme ai cani e ai gatti, l’animale più inurbato e frequente e le babucce sono la divisa di ordinanza: senza non si può dire di essere stati in Marocco.
Il Marocco un Paese interessante e ricco di storia, dove, come in tutto il mondo sono le persone a dare il vero fascino e la misura della bellezza che ci circonda, inshallah.
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