Manhattan skyline

New York è il più grande centro commerciale a cielo aperto del nord america.
Meglio: mid town a Manhattan, NYC, è il più grande centro commerciale del nord america: dalla 34a alla 54a, dalla Madison all’ottava avenue, è un susseguirsi di occasioni di consumo di tutti i tipi, di tutti i generi, per tutte le tasche, all’occorrenza in mezzo ci sono anche le maggiori banche (pur responsabili del disastro del 2008, sono ancora lì, belle floride) alle quali, alla bisogna, chiedere un prestito per poter consumare fino alla fine i propri averi.
Downtown Manhattan. NYC, USA
Downtown Manhattan. NYC, USA
Si può comprare di tutto: da stivali col tacco 12 di Jimmy Choo a 1800$ all’ottavo piano di Saks on 5th av. alla spada laser di Star Wars nel mega negozio di Toy’s ‘r Us a Times Square, dagli inutili aggeggi elettronici di Brookstone ai nuovissimi Motorola Droid da Best Buy, dall’Ipad 2 presso il bianchissimo Apple Store sulla 5a alle magliette con le scritte enormi e un po’ pacchianotte di Hollister (l’alter-ego dell’altro pacchianotto e più famoso “Abercrombie e Fitch”); si può mangiare, come in ogni centro commerciale che si rispetti, a tutte le ore, qualunque tipo di cucina o di cibo si voglia, dal “cane caldo” al baracchino all’angolo della strada che emana un meraviglioso odoraccio di porco bruciacchiato e cipolle, al falafel, alla pizza, all’insalata preparata espressa con ingredienti a vostra scelta, tutti freschissimi, da “Fresh and co.”, a qualunque cosa pensiate di voler assaggiare e non avete mai avuto l’occasione perché il paese d’origine non avete neanche idea dove sia esattamente.
Saks & Fifth avenue, NYC, USA
Saks & Fifth avenue, NYC, USA
Arriviamo a New York di domenica in treno da DC, entrando in piena Manhattan attraverso la Penn (Pennsylvania) Station, che si trova tra la 34a west e l’8a av.
Per chi ancora non lo sapesse il sistema stradale dell’isola di Manhattan è organizzato in “streets” (strade) numerate, dal numero più alto a nord a scendere verso la punta dell’isola a sud, che la attraversano da est a ovest, il cui “meridiano di greenwich” è rappresentato dalla 5a avenue: guardando verso sud le strade alla sua sinistra sono “east”, a destra sono “west” (es. W 42nd street); da nord a sud è attraversata da “avenues” (più grandi delle street), numerate anch’esse in crescendo da est a ovest: del ruolo divisorio della 5a ho detto, del prestigio e della storia ci sarà modo più avanti.
Alloggiamo a pochi passi da Penn Station, all’Hotel New Yorker che è uno degli storici della città e mantiene un fascino anni trenta nell’arredamento e nella scelta stilistica della grafica che lo tratteggia: il treno che ci ha portati sin qui ha attraversato la Virginia, il Maryland e la Pennsylvania alternando splendidi scorci naturali (la baia di Cheasapeake) a tristi e scorticate periferie di evidente degrado e povertà; il contrasto con la scintillante città che non dorme mai (dalla famosa canzone di Frank Sinatra) è quasi irritante.
Il tempo è bello, la temperatura gradevole e, disfatte rapidamente le valigie, eccoci subito in marcia in mezzo al traffico bloccato pur essendo domenica, e alle migliaia di turisti che, come noi, si aggirano alternativamente coi nasi all’insù, per ammirare i grattacieli, o coi nasi all’ingiù, per consultare le mappe alla ricerca della giusta direzione.
La città fa uno strano effetto, l’impressione che si ha, anche la prima volta, è quella di conoscerla già, New York è così frequentemente oggetto e soggetto di film, serie televisive, spot pubblicitari, che il piacere della scoperta è più difficile che altrove, sembra di averla già vissuta tante (forse troppe) volte: quei grattacieli, quei neon, quegli schermi giganti, le auto di NYPD, i furgoni di UPS e i baracchini degli hot dog ci appaiono come fossero il paesaggio urbano della nostra città. Così si rischia di perdere la fascinazione indubbia che Manhattan offre ai suoi visitatori: è necessario provare a liberarsi di queste memorie involontarie e resettarsi completamente per sintonizzarsi su nuove potenti vibrazioni, anche percorrendo le direttrici più turistiche. Provare ad osservare i particolari invece che l’insieme, guardare in basso anche sotto i grattacieli e guardarsi intorno ché uno degli spettacoli più forti sono proprio gli esseri umani che rendono viva la città: può essere un modo di farsi sorprendere comunque anche nei luoghi più famosi e riconoscibili.
Downtown, NYC, USA
Downtown, NYC, USA
Downtown, NYC, USA
Downtown, NYC, USA
Per noi questa non è la prima volta e così, oltre il piacere di scoprire quale nuovo negozio/griffe ha aperto dove e quanto grande è questa volta, decidiamo di andare a cercare degli altri luoghi anche se, inevitabilmente, non sarà possibile non fermarsi e ri-vedere quelli noti e arcinoti; tra gli arcinoti, scegliamo il Brooklyn Bridge che per noi italiani è doppiamente evocativo: primo per la famosa e incancellabile “gomma del ponte” e poi per la “broccolino” dei film sugli italiani immigrati in america alle prese con la voglia di farcela e la difficoltà di liberarsi degli altrui pregiudizi su “pizza, mafia e mandolino”.
Camminare sul Brooklyn Bridge è un piacevole passatempo: le guide consigliano di fare il tratto da Brooklyn in direzione Manhattan, non tenendo conto del fatto che la maggior parte dei turisti alloggia a Manhattan e quindi è sempre e comunque necessario percorrere anche il tratto in direzione opposta, ma in effetti la vista camminando verso Manhattan è unica perché la skyline con i grattacieli è l’essenza della città stessa, pur senza le Twin towers che erano una sorta di firma inconfondibile per chi “conosceva” NYC prima del 9/11.
Brooklyn bridge, NYC. USA
Brooklyn bridge, NYC. USA
La giornata è limpida e assolata anche se all’ombra “si secca dal freddo”, ma il ponte è in pieno sole e quindi la passeggiata è gradevole e il passatempo migliore è osservare le facce degli altri casuali compagni di camminata, le espressioni dicono tutto della meraviglia e della incredulità di fronte allo spettacolo della modernità: si perché, comunque la si metta, questo profilo è il succo della modernità, magari un po’ decadente per chi voglia guardare un po’ oltre la scintillante lucentezza dei grattacieli tutto vetro e acciaio, ma certamente qui pulsa il cuore di quello che per noi riassume il concetto di moderno.
L’altro luogo arcinoto è il lungo fiume Hudson: Battery Park dal quale si vede la Statua della Libertà e Ellis Island, l’isola dove arrivavano le orde di immigrati dall’Europa, venivano controllati e, se sani, fatti entrare nel paese delle opportunità alla ricerca di un nuovo destino. Da Battery Park, al contrario, oggi salpano orde di turisti per le crociere sul fiume Hudson, intorno alla statua della libertà e per andare a visitare proprio Ellis Island, dove forse qualche lontano parente è arrivato un paio di secoli addietro.
Se si vuole scoprire una NY diversa bisogna scendere da mid-town verso il Greenwich village o verso il Lower east side, entrambe le aree nel tempo si sono trasformate da quartieri degradati, dove vivevano gli immigrati, a zone residenziali molto di moda tra i New Yorker giovani e con il grano in tasca. Boutique uniche e piccoli ristoranti di qualità, altrettanto microscopici giardinetti pubblici, case di mattoni a tre piani con i tetti spioventi e le scale di emergenza esterne in ferro battuto, fanno di questa parte di NY un’altra città, completamente: di sera con opportunità di divertimento alternativi a quelli del centro, teatri “off”, bar di tendenza, jazz-club soprattutto; di giorno i vialetti alberati e le strade tortuose (qui la linearità e perpendicolarità delle avenues e delle streets perde totalmente rigore in un attorcigliarsi molto più “swing”) rendono i grattacieli di mid-town invisibili: potremmo essere a Londra o Parigi con un tocco di sana trasgressione modernista che è la cifra di questa parte della città.
Il Village by night. NYC, USA
Il Village by night. NYC, USA
Così una sera la trascorriamo in compagnia di amici nuiorchesi in un ristorante messicano proprio all’ingresso del “Village” (il Greenwich village per i newyorker è il “Village”) parlando di Obama, del ruolo delle banche nella crisi odierna, ma anche della loro scelta di avere un piccolo appartamento in affitto in città dove risiedono durante la settimana lavorativa e una grande casa di proprietà a due ore da qui “in the countryside” (“sì, ma pure la campagna cheppalle!!” cit.) dove hanno da poco vissuto la paura della grande inondazione durante il recente uragano “Irene”, fortunatamente risoltosi in un nulla di fatto, casa che ci offrono per uno scambio equo, noi da loro e loro da noi, in un prossimo futuro.
Un’altra sera ci avventuriamo nel Village con un tassista alla sua prima giornata di guida “evah!” al quale diamo le indicazioni da seguire, (santo àifon) per raggiungere più o meno la zona dove abbiamo scovato un paio di alternative per mangiare: il primo ristorante “The Little Owl” purtroppo è pieno e non ha tavoli prima di un’ora (consiglio di seguire il suo Tumblr, ché merita), l’alternativa, il “Commerce”, invece ha disponibilità e conferma la bontà della scelta con una buona cantina e un menù particolare di cucina internazionale.
L’ultima sera siamo a cena con gli sposi novelli (quelli del matrimonio di Washington DC) di fronte a Union Square, in un jazz club più ristorante che club, Blue Water Grill: in quest’occasione le chiacchiere sono quasi completamente assorbite dai commenti sul matrimonio di pochi giorni prima e sulle impressioni degli sposi novelli.
Mid-town è puzzolente, rumorosa, trafficata e piena di gente a qualunque ora. C’è un rifugio nel quale nascondersi per cercare serenità tra una meraviglia e l’altra, tra un’acquisto e l’altro: Central Park, un’oasi di pace in mezzo al set più frequentato del mondo. Basta intrufolarsi qualche metro all’interno del parco per ritrovarsi in un silenzio innaturale tra scoiattoli, laghetti, gente che sonnecchia al sole sul prato, o che corre persa nella musica del proprio iphone, tutto in rigoroso silenzio: è sufficiente mezz’ora di quiete in questa macchia naturale per ritrovare la voglia e l’energia di ributtarsi nel gran casino.
Il casino in questi giorni era anche accresciuto dalla riunione alle nazioni unite dei presidenti dei paesi aderenti per decidere tra l’altro della richiesta di riconoscimento della sovranità avanzata dalla Palestina: quindi strade interrotte, plotoni di poliziotti a presidio delle maggiori banche, enormi Suv neri con lampeggianti a sfrecciare come missili mentre la polizia gli apre la strada, insomma altro che goccia, questa riunione, come le altre del genere, è stata peggio dell’uragano Irene per il traffico cittadino soprattutto nelle ore di punta.
St. Patrick. NYC
St. Patrick. NYC
St. Patrick. NYC
St. Patrick. NYC
Alternativa per sfuggire al rumore del traffico è salire sulla sommità dei grattacieli: ci sono due opzioni l’Empire State Building che offre la terrazza più alta (quella di Sleepless in Seattle per intenderci) e quella di Top of the Rock, sulla sommità del Rockfeller Center (quello di 30 Rock), che è più basso dell’Empire ma lo include nel panorama e, soprattutto ora che le Twin non ci sono più, insieme al Chrysler Building, restano le sommità più famose della città. Il biglietto non è economico 24$ pp, ma del resto l’unica cosa veramente economica in tutta la città è l’hot dog al banchetto all’angolo, tutto il resto è mediamente 30% più caro di quanto ci si attenderebbe.
Fatta anche questa pausa che permette di vedere fino all’aeroporto di Newark, NJ, nei giorni più limpidi, il passaggio successivo imperdibile è la passeggiata lungo 5th avenue, la strada dei grandi marchi: dove il lusso arriva a degli eccessi che chi è sensibile può anche star male.
Tiffany & co. è la fermata di tutte le “Miss Golightly” del mondo, il film “Colazione da Tiffany” tratto dall’omonimo libro, ma di questo più morbido e più ammaliatore, ha traviato generazioni di ragazze di tutte le età che arrivano davanti alla vetrina e riflesse si vedono vestite in tubino nero, capelli neri con nastro chiaro e di fianco un giovinotto in trench con mascellone e ciuffo biondo impomatato, salvo un momento dopo trovarsi ad urlare ad ogni angolo: “gatto? gatto? gatto?”.
Passato l’attimo obnubilatore, le suddette giovinette entrano e passano la mezz’ora/ora/mezzagiornata (scegliete voi) a sognare l’anello giusto da farsi mettere al dito dal giovinotto giusto: al piano terra ci sono i diamanti, vedete voi.
Andando in direzione “uptown” (nord) sempre sulla 5a c’è l’Apple store dove si incontra la specie opposta a quella appena descritta: maschio intorno ai 25 anni, barba incolta, capello non pettinato da mesi, t-shirt con battuta da comico ebreo, bermuda mimetici e scarpe da ginnastica senza lacci che non si guarda allo specchio, perché non ce n’è, ma se ce ne fossero, riflesso si vedrebbe con dolcevita nero e jeans a vita alta, magro e longilineo… In realtà all’Apple store si trovano tutti i turisti che nella loro città non hanno altro che uno schifoso negozio reseller del marchio californiano e vogliono provare l’emozione dello store concettuale di Stefano Lavoro.
Camminando in direzione downtown (sud) invece si incontrano marchi come Saks, un magazzino di roba che costa mediamente un somma che non ti puoi permettere, che all’ottavo piano ha uno sterminato loft che vende solamente scarpe da “femmina” con una “femmina” DJ che mischia della roba molto ma molto figa.
Ms. DJ at Saks, NYC
Ms. DJ at Saks, NYC
Poi ci sono i due negozi di giovani belli e nudi: Abercrombie & Fitch e il gemello Hollister, entrambi presentano in vetrina un po’ di piskelli tartaruga-dotati in bermuda da surf (la california a NYC) e di piskelle coscialunga-munite in costume succinto ma non troppo (sempre l’ammeriGa puritana j’è questa); da Hollister si portano molto le ragazze di colore, possibilmente alte oltre il metro e ottanta, da A&F non c’è preferenza visibile. Entrambe i negozi in certe ore hanno la fila fuori di gente (soprattutto italiani) che vuole entrare per acquistare queste magliette con le scrittone anni ’80 (es. CALIFORNIA 1922) di tutti i colori possibili e che, dico la verità, fanno molto cagare, ma l’ho comprata a NYC, vuoi mettere?
Non so come, siamo riusciti ad entrare da Hollister in un momento di calma apparente: dentro la musica è altissima (posto GGiòvane) e le luci soffuse, così che da una parte non vedi cosa cazzo stai per comprare e, dall’altra, non capisci un’acca delle risposte che le commesse, scosciatissime, ti danno alla richiesta: “this sweater, is it black or blue?”
Consigli utili per la città: prendete la metro se avete chiara l’idea di dove dovete andare e questo dove è superiore ai 5 blocchi (1 block = 200 mt), preparatevi a soffrire il caldo sulla banchina della metro e il freddo dentro i vagoni (la felpa con la zip è la risposta); se non avete chiara l’idea di dove andare, fatevela a piedi ma imponetevi delle pause, chessò da starbucks o sui bordi delle fontane del Rockfeller center, o ancora fuori all’Apple store, c’è lo spazio apposito da loro allestito per riposare, incontrare gente e approfittare del WiFi gratis offerto, insomma non pensate di potercela fare senza un paio di comode scarpe (ho visto piedi distrutti da ore di ballerine piatte) e senza pause di riflessione; non abbiate timore di morire di fame, ce n’è da sfamare tutto il terzo mondo; se avete bambini, conoscete qualcuno che ha bambini, siete stati bambini, entrate da Toy’s’r Us perché è un paradiso per il peterpan che è in voi, o in loro; se siete appassionati di serie televisive ci sono gli shop di NBC e di HBO che vendono merchandising delle vostre serie preferite; evitate l’ottava che è la più bruttarella tra le avenues; andate a Battery Park al tramonto; se non vi interessa la modernità, la confusione e le contraddizioni non andate a NYC.
Angoli di verde in piena Manhattan. NYC
Angoli di verde in piena Manhattan. NYC
Per andare in aeroporto abbiamo prenotato uno Shuttle condiviso che a Manhattan fa il giro degli hotel su appuntamento e per 39$ per due persone vi porta al JFK: l’autista era un comico nato, immigrato dallo SriLanka ha trascorso i 45 mn. che ci hanno separato dall’aeroporto a fare battute fulminanti su tutti e su tutto, credo che part-time lavori off-broadway.
Un ottimo modo per chiudere il soggiorno nuiorchese.

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