La Sicilia di Archimede

Ho passato qualche giorno in Sicilia a fine maggio, in quella parte che ancora non avevo esplorato a sufficienza: l’angolo sud est tra Siracusa e Ragusa dove si concentra molto del barocco siciliano famoso oltre confine.
Base operativa una bella masseria riportata a nuovo splendore: La Corte del Sole a poca distanza da Noto. Affacciata sull’oasi di Vendicari, in cima ad una collina a poca distanza dal mare dal quale riceve con giovamento una brezza refrigerante quasi costante, la Corte del Sole è un bellissimo esempio di ottima cultura dell’ospitalità e di gestione del viaggiatore con servizi di qualità tra cui spicca la cucina sicula del ristorante interno.

La Corte del Sole, Noto. Sicilia
La Corte del Sole, Noto. Sicilia
La Corte del Sole, Noto. Sicilia
La Corte del Sole, Noto. Sicilia

Noto, la città barocca a qualche chilometro, gode di un’opera di recente restauro dei propri gioielli e di una saggia zona pedonale centrale che ne permette il godimento in pace, senza l’assillo delle automobili: vale la pena spenderci del tempo, soprattutto al crepuscolo quando, con il sole calante, gli edifici si illuminano di un colore che esalta il rosso della pietra locale, per concludere la passeggiata tra una cassata o una cena annaffiata di nero d’avola o altro nettare siculo.

Barocco siciliano
Barocco siciliano

L’altro ottimo investimento è la visita dell’Oasi di Vendicari: un paradiso naturalistico di gran valore dove godere di un mare dai colori unici, fare birdwatching o soltanto camminare tra i resti della tonnara e scoprirne, nel museo, gli antichi e sapienti meccanismi tramandati dai tempi della magna Grecia e attraverso la rielaborazione araba giunti fino a noi e sfruttati fino a metà del ventesimo secolo.

Oasi di Vendicari, Noto. Sicilia
Oasi di Vendicari, Noto. Sicilia
Tonnara dell'Oasi di Vendicari, Noto. Sicilia
Tonnara dell’Oasi di Vendicari, Noto. Sicilia

Ma poi.
Le note dolenti di una regione che per il patrimonio naturalistico e artistico potrebbe essere tra le prime destinazioni al mondo e invece trascura l’oro su cui poggia quotidianamente i piedi.
Iniziamo da Siracusa e dal suo parco archeologico: 9 euro per poter accedere e vedere il teatro greco, bellissimo e magico, mentre il resto: l’anfiteatro romano, l’ara di Ierone, l’orecchio di Dioniso sono sostanzialmente coperti dalla vegetazione non tagliata, mentre addirittura quella che è indicata come la tomba di Archimede non è raggiungibile e visibile solamente da dietro il recinto dal lato della strada senza alcuna identificazione certa.

Teatro Greco di Siracusa, Sicilia
Teatro Greco di Siracusa, Sicilia

Un’area archeologica così vasta e ricca è valorizzata così solamente in una piccolissima parte: ho pensato ai miei viaggi in nordamerica in zone che non hanno più di tre/quattrocento anni di storia e quasi nessun valore archeologico, dove riescono a proporti come attrazione di richiamo delle cose che, a confronto, valgono come un pezzo di bigiotteria rispetto al koh-i-noor, eppure intorno a questo niente, vengono costruite storie e intercettati flussi turistici.
Le nostre “pietre” hanno duemila anni e milioni di persone che si appassionano di quelle storie e miti sui quali si potrebbe impostare il racconto che le esalterebbe agli occhi dei visitatori, dando valore alla visita (ripagando in termini di soddisfazione la scelta di essere proprio lì), invece lasciamo all’erba gatta campo libero di occultarne la maestosità.

Io, dopo aver ripulito dalle erbacce quei luoghi sacri, metterei davanti a ciascuno di essi studenti di lettere antiche a declamare versi in greco antico ricreando i suoni di allora, dando realtà a una storia che abbiamo vista e letta solamente sui libri di scuola. Se in Arizona ti vendono come “vere” delle ricostruzioni di città stile far-west con quattro poveri nativi vestiti come toro seduto: noi potremmo fare lo stesso con molta più sostanza e molto più fascino da raccontare.

E non è che non si faccia qualche splendido tentativo: il teatro greco di Siracusa ospita da metà maggio a fine giugno un cartellone di tragedie greche, quest’anno Andromaca di Euripide e Filottete di Sofocle, riproponendo il teatro come veniva fatto allora, con inizio dell’azione all’ora del tramonto e conclusione a serata inoltrata, nel suo ambiente naturale per il quale la tragedia è stata scritta, con il risultato di una fascinazione così forte da lasciare effetti benefici (almeno in me, che ho “subito” pagine e pagine di letteratura greca al liceo) per giorni e giorni a seguire.

Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide
Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide
Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide
Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide
Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide
Teatro Greco di Siracusa: Andromaca di Euripide

Io proseguirei ed esalterei quella via, ad esempio, una volta a settimana, farei una versione della rappresentazione in greco antico: pensa ai tedeschi, i classicisti più esaltati del mondo, quanto potrebbero essere attratti da una proposta simile, in fondo come il melodramma in italiano viene rappresentato in tutto il mondo, perché non farlo con la tragedia greca in greco antico?

Il punto è che non saremmo costretti a “inventare storie” a beneficio del marketing di questi luoghi che di storie trasudano, basterebbe recuperarle e proporle nel modo giusto al pubblico giusto: ad assistere all’Andromaca c’erano tante classi di scuola superiore e, al termine, gli applausi più forti verso Andromaca, Peleo (un bravissimo Mariano Rigillo) e il coro sono venuti proprio dalle fila degli studenti.

Pensate agli ingegneri “nerd” di tutto il mondo, quanto potrebbe essere di loro interesse raccontare il genio di Archimede nella sua città d’origine: invece neanche la sua tomba è visitabile.

L’altro aspetto triste è la “devastazione” delle città barocche da parte del traffico e delle strade divenute ormai parcheggi a cielo aperto: come se si parcheggiasse a Roma dentro il foro; ovvero l’assoluta disattenzione per le indicazioni stradali per raggiungere certi piccoli paradisi come “l’isola delle correnti” il punto dove lo ionio e il tirreno s’incontrano e la sicilia s’affaccia verso il golfo della sirte: si va ad intuito, sembra una specie di caccia al tesoro.

Faro dell'isola delle correnti, Sicilia
Faro dell’isola delle correnti, Sicilia
Isola delle correnti, Sicilia
Isola delle correnti, Sicilia

Ma l’episodio più rappresentativo è il seguente: a poca distanza dalla Corte del Sole si trova la zona archeologica di Eloro, non particolarmente ricca per resti, ma in una posizione decisamente favorevole trovandosi, come molte delle zone sacre dell’antica Grecia (avevano capito tutto già allora) su di un cocuzzolo fronte mare dominante l’intera piana dell’Oasi di Vendicari; l’area è aperta, ci dicono alla corte del sole, dal lunedì al sabato dalle 10 al tramonto, andiamo la prima mattina e troviamo il cancello chiuso con un bel cartello di cartone scritto a penna che conferma l’orario di apertura; arriva un’auto con due uomini a bordo che si fermano, guardano il cartello e parlano fra di loro: chiediamo se sanno qualcosa e uno di questi ci dice di essere della sovrintendenza ai beni culturali e di non avere idea del perché sia chiuso ma che avrebbe chiamato in ufficio per avere informazioni al riguardo; dopo tre telefonate e dieci minuti di attesa la risposta è stata di provare a tornare il giorno dopo perchè non riusciva ad avere informazioni dai suoi colleghi.

L’ufficio della sovrintendenza ai Beni Culturali.

Peccato: perché la Sicilia è una terra meravigliosa e Marzamemi è una perla rara.

Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia

Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia
Marzamemi, Sicilia

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